domenica 18 aprile 2010

SICUREZZA E SVILUPPO: I DIRITTI NEGATI




L’Analisi di Vladimira Cavatore nel libro “L’alba del continente latinoamericano” duecento anni dopo l’Indipendenza dalla Spagna



Il continente Latinoamericano celebra quest’anno il duecentesimo anniversario dell’Indipendenza dalla Spagna. Questa ricorrenza riguarda alcuni importanti Paesi, come il Venezuela (19 aprile), l’Argentina (25 maggio), Colombia (20 luglio), il Messico (16 settembre) e il Cile (18 settembre).
In Venezuela, dove si ricorderà la cacciata del governatore spagnolo Vincente Emparán, il presidente Hugo Chávez sottolineerà l’evento con un documento per il riconoscimento e l’emancipazione delle popolazioni autoctone. In Argentina, per ricordare questo avvenimento storico, sono stati stanziati 42 milioni di dollari, con la possibilità di ulteriore aumento dei fondi. Per l’occasione, infatti, sarà inaugurata la Casa della Cultura del Bicentenario e contemporaneamente avverrà la riapertura dello storico teatro Colón di Buenos Aires, chiuso per restauri da oltre tre anni.
Anche in Colombia, Messico e Cile sono previste numerose e importanti manifestazioni. In questo contesto di festeggiamenti e ricorrenze, non passa inosservato la pubblicazione di un libro dal titolo “L’alba del continente Latino Americano”, della giovane scrittrice Vladimira Cavatore. Un’opera che sottolinea i grandi sforzi che gli Stati del centro e del Sud dell’America stanno profondendo per il riconoscimento del diritto sindacale e del diritto ad un lavoro svolto in sicurezza: un obiettivo di non facile realizzazione – e ancora molto lontano –, come viene documentato dai vari mezzi di comunicazione quali televisione, cinema e stampa.
Nella sua ultima fatica letteraria, Vladimira Cavatore sottolinea il fenomeno delle “Maquilas”. Il termine “maquila”, nel Medioevo, indicava una misura, facendo riferimento alla porzione di grano che il proprietario terriero doveva lasciare al padrone del mulino. Oggi, invece, con questa parola si intendono le fabbriche dove ogni operaio lascia una parte dei propri guadagni per continuare a lavorare, senza tutela salariale adeguata e orari. Il fenomeno delle “maquilas” si associa ai concetti di precarietà e, nel caso delle donne e bambini, anche di violenza e mobbing. Abbiamo voluto porre all’autrice del libro alcune domande sulla sua opera.

Perché ha deciso di occuparsi della situazione sindacale dell’America Latina?
“Mi sono occupata di tutto il diritto del lavoro in America Latina. In questo testo ho accennato la condizione sindacale, in quanto dalla XIII Conferenza della Rel-Uita (Conferenza Regionale Latinoamericana de la Unión Internacional de los Trabajadores de la Alimentación) del 2006 sono sortiti vivaci dibattiti, evolutisi in tematiche e situazioni che hanno dato spunto, ad ogni organismo sindacale, sulle possibilità di sviluppare nel proprio ambito locale e regionale, la globalizzazione della solidarietà e della lotta sindacale in America Latina. Si è anche discusso sulle strategie del grande capitale multinazionale, è qui che rientrano sempre gli Stati Uniti con la loro influenza, anche in tematiche del lavoro. Oltre 100 delegati di 14 Paesi dell’America latina e dei Caraibi hanno rappresentato sindacati e organizzazioni sociali affiliate alla Rel-Uita, partecipando a una serie di conferenze e dibattiti sulla situazione del mondo del lavoro latinoamericano; su tematiche legate a situazioni ambientali nel continente; su politiche neoliberiste delle multinazionali e su strategie per affrontarle; sulla difesa dei diritti umani; sull’allarmante tematica dei transgenici e sul diritto a decidere sulle scelte alimentari”.

Nel suo libro, lei affronta il problema delle “maquilas” in America Centrale, ma questa tipologia di lavoro, ormai, non è presente solo in quell’area geografica, ma anche in altre parti del pianeta. Come pensa che si possa ridimensionare questo fenomeno del mercato globale? “Per l’esattezza mi sono concentrata sull’America Centrale, poiché è sempre stato il focus delle mie ricerche in ambito geopolitico. Il fenomeno da me riportato (ampiamente descritto negli ultimi anni dai ricercatori latinoamericani) non era stato affrontato con determinate specificità in materia di diritto e politica sociale del lavoro, base essenziale di tutto lo scritto. La soluzione non è certamente oggettiva, relativamente al ridimensionamento del fenomeno (ormai esportato e diffuso nel resto del mondo), ma che ha visto l’America centrale e settentrionale, considerando prima di tutto il Messico, originario del fenomeno. Ho voluto mettere in evidenza che, laddove sono state emanate norme di tutela in materia, le stesse non sono applicate adeguatamente proprio per l’impazzare sempre più sostenuto delle multinazionali dell’acuire il fenomeno stesso. Tale dimensione colpisce il lavoro e la dignità del lavoro umano, riducendola alla sola miseria nella forma di ricatto ben nota cioè chiudere le fabbriche, spostarle e riaprirle altrove e nemmeno più nei soli confini statunitensi. Tutto ciò ha creato e continua a creare maggiore disoccupazione ed ancora più fame oltre alla già conclamata povertà strutturale. Ad esempio, sappiamo se in Cina, per mantenere alto il tasso di crescita (credo sia del 7 o 10%) si attua il rispetto di norme basilari del diritto del lavoro? Dove, altrove, in America Latina esistono, almeno, sulla carta. Il fenomeno si è anche diffuso nel resto del mondo - anche se con sfumature differenti -, poiché appare radicalmente ridimensionato lo stesso diritto del lavoro dai più recenti orientamenti dottrinali e giurisprudenziali, caratterizzati da un’interpretazione flessibile degli istituti legali e contrattuali, con conseguente affievolimento della tutela del lavoratore occupato. Tutto ciò viene chiamato elegantemente flexicurity dall’Unione europea, dove trova più idoneo indietreggiare in tale tutela, per via delle trasformazioni economiche e tecnologiche degli ultimi anni (ricordiamoci delle ultime sentenze Ruffert, Laval e Viking). Si può solo sperare che con favorevoli congiunture economiche, ormai a livello mondiale, ci sia un cambiamento di indirizzo e ripristino della dignità del lavoratore che è dicotomico con la sua dignità umana”.

La sicurezza sul posto del lavoro è uno dei temi che coinvolge anche il nostro Paese. Ma quali sono le situazioni in cui vivono queste persone e perché, secondo lei, c’è ancora tanta resistenza su questo argomento?
“A questa domanda in qualche modo ho risposto con la precedente: posso solo aggiungere che per la popolazione dell’America Latina, la flexicurity, è solo un dibattito ulteriore alle tante problematiche già in essere, oltretutto ancora primarie da e per la sopravvivenza, che fa riscontro con l’assenza di sicurezza negli ambiti di lavoro”.

Manuela Cipri
(Intervista pubblicata sul giornale Avanti, Esteri 14-04-2010 p.5)