venerdì 10 ottobre 2008

INDICE DI GRADIMENTO

A me, a dire il vero questo governo piace, e molto!
E’ vero che sono finiti i tempi dei baci (dico tradimenti) e dei politici che ricattavano il governo, ma, nell’insieme si sta lavorando bene. C’è una crisi mondiale ma non toccherà l’Italia proprio perché abbiamo il governo giusto che si preoccupa degli operai e dei pochi soldini che abbiamo in tasca e quelli non ce li toccherà nessuno.
È simpatica la Gelsomini (la ministra di non è la rai), quando afferma che aveva votato per i fascisti. Oggi giorno è difficile dire ciò che uno pensa e parlare con tanto orgoglio di condividere una ideologia che fece tanti milioni di morti… il suo lavoro per la scuola va a gonfie vele: gli alunni possono pestare gli insegnanti perché rimangono impuniti; ci sono troppi insegnanti, bisogna licenziare qualcuno; la scuola è troppo difficile, bisogna assegnare dei bei voti in pagella (anche perché se non ti pesta lo studente, ti pesta suo padre che ha lo stesso livello di preparazione). Peccato che la Mortati sia una femmina, se era un maschio chissà che bel pargoletto veniva fuori da lei e la Gelsomini. Mi piace anche quel simpaticone della cravatta verde, lo volevano fare ministro del Welfare o de la deregulation ma non riusciva a pronunciare queste parole e si vergognava, quindi gli hanno cucito addosso un ministero ad hoc: la semplificazione. Ora cosa debba semplificare non mi è chiaro, ma si sa, io sono ignorante, sono loro che si fanno eleggere, noi solamente li votiamo.
Io, a dire il vero avevo votato per quello di sinistra, non mi ricordo il suo nome, ma è da quando abbiamo perso che mi sento un coglione ombra! Ma mi sta bene, così mi imparo.
Simpatico anche quello della pubblica amministrazione, Brunelli, contro i fannulloni e i graffitari. Si vede che è molto preparato. In fondo, avevamo dei governi di sinistra, garantisti. Timbravamo il cartellino e poi ce ne andavamo a spasso… mandavamo dei certificati fasulli e restavamo a casa con delle influenze semestrali, oppure lavoravamo da qualche altra parte e percepivamo lo stesso lo stipendio dello stato… tempi passati, certo! Oggi tutte quelle cose non si possono fare, anche perché abbiamo sputato nel piatto nel quale mangiavamo.
Mi piace anche il boss della lega (certo Alberto Pozzi) con la sua idea del permesso di soggiorno a punti. Una sorta di pagella nella quale si segnano i voti degli extracomunitari. Intelligente, direi! Se non mi cambi bene il pannolone ti tolgo tre punti! Nei suoi rari momenti di lucidità pensa ancora di essere partigiano e di avere i fucili in caldo… ma i fucili, si sa, devono stare al fresco, se non si rovinano… ma questa è un’altra storia. Mi piace anche quello che fa il ministro dell’economia, Treccani, e quando si incazza sono guai!!! O mi cambiate questa legge o me ne vado! Vediamo quando tira fuori la scarpa e comincia a battere il tacco contro il suo tavolinetto… ci rassicura sulla crisi e mi sento fortunato di stare in questo paese proprio perché l’economia italiana è la più forte al mondo e non c’è crisi che la possa rovinare. Stiamo tranquilli, tra due anni tutti i nostri risparmi e investimenti avranno il vero valore (oppure non ci saranno più, ma tra due anni negheremo di avere detto queste cose). È simpatico anche il presidente camerata, quello dei tortellini. Ci sa fare e dice delle cose interessantissime, ma a volte mi confonde perché non riesco a capire di quale paese stia parlando, forse è professore di storia e parla di una Italia d’altri tempi, d’altri ventenni. Non lo so…
Non c’è un ministero della sanità o della salute. Anche perché siamo tutti giovani e forti, nel bel mezzo della nostra salute. Scoppiamo di salute. Sani come un pesce. Non ci sono anziani con problemi in questo paese e quindi una politica di governo per quanto riguarda la sanità è inutile. Abbiamo il miglior governo del mondo!!! Quindi non vedo perché dovremmo ammalarci. A dire il vero avevano proposto questo ministero al Dr. House. Ma lui gentilmente ha rifiutato adducendo che gli piaceva torturare i suoi pazienti uno alla volta non in massa… e che aveva paura di prendersi qualche malanno al Policlinico. Poi ci ha ricordato che era un attore e che, in realtà non sapeva niente di medicina. Al che gli hanno pregato con ancora più insistenza di assumere il ministero della sanità. Qualcuno gli ha detto, addirittura, che tutti gli altri ministri erano nelle stesse condizioni! Non sapevano un tubo!
Comunque vi dicevo, il più originale di tutti è quel simpatico vecchietto dei permessi di soggiorno a punti. Ogni tanti prescrive dei calci in culo, le fucilate e tutte queste cose. Poi si rintana da qualche parte e sparisce, ecco perché non mi ricordo il nome. È vero, gli stranieri bisogna torturarli un pochino, stargli addosso. Non sono come i bravi cittadini italiani, e che cavolo! Vi cito, giusto per amore di cronaca due categorie: nella prima gli operai, i calzolai, quelli delle tende da sole, i carpentieri, muratori, ecc. Nessuno di loro ti rilascia la fattura e ti dicono chiaro e tondo che non lo fanno perché non vogliono pagare le tasse, ma questi sono operanti empirici. Nella categoria di quelli che hanno studiato per non pagare le tasse: gli psicologi, dentisti, avvocati, consulenti vari, ecc. La lista è lunghissima ma non vi voglio annoiare con queste piccole cose. Forse anche i politici dovrebbero avere il lavoro a punti. Se non sono al lavoro un punto in meno, se fanno delle leggi giuste un punto a favore; se si approfittano del loro posto per fare le leggi ad hoc e pararsi il culo, dieci punti in meno… ma ho paura che questo sistema lascerebbe vuoto il parlamento in due giorni.
Gli stranieri, invece, fregano uno stato che non è loro (solo gli italiani hanno il diritto di fare di tutto per non pagare le tasse, che sia chiaro). Quindi, se mi guardi storto ti tolgo un punto. Se mi chiedi lo scontrino dopo che ti ho dato il cappuccino e il cornetto, ti tolgo due punti. Se rompi le scatole che vuoi essere messo in regola, ti metto in regola ma ti sequestro il passaporto, così mi garantisco il diritto di sfruttarti solo io… ma forse il ministro ha ragione. Li dobbiamo cacciar via, tutti. Via tutti i 3 milioni e mezzo di stranieri…
A dire il vero, anch’io sono straniero. E come controproposta penso che una volta cacciati i 3 milioni e mezzo di stranieri, dai nostri paesi possiamo omaggiare mandandovi indietro gli italiani che stanno da noi. La quantità non è specifica ma supera abbondantemente i 40 milioni. Ma si sa, il paese ne trarrebbe molti benefici con le politiche sociali. Visto che non ci saranno più stranieri che sono il vero problema di questo paese, gli altri 40 milioni di italiani possono tornare e campare alla grande…
Oddìo, speriamo che nel frattempo non continui questa storia dei punti… e che non vada a finire che ci mettono anche la carta igienica a punti. Tutta questa situazione fa cag… e se mettono la carta igienica a punti, ecco, questo sì che sarebbe un bel guaio!!!

domenica 5 ottobre 2008

Primer aguacero - Luis Alberto Cabrales

Primer Aguacero

ANOCHE, toda la noche,
cayó el primer aguacero.
Por eso
alegre estaba el campo en la mañana
con su camisa blanca de todos los domingos
y el pantalón azul de la Semana Santa.
Alegre estaba el campo
de azul y de blanco.
Silbando se fue a la ciudad
con su nuevo sombrero de pita;
trascendía a hierba, a fruta y a humedad.
Como viera los árboles todos llenos de trino,
como viera las nubes todas llenas de sol,
compró para el colocho
un centavo de olor
en la venta que puso mayo en el camino.

(Dedicado a mi sobrino: Hamilton Javier Espino González)

Reseña literaria

Nicaragüenismo: Al saborear este bellísimo poema de Cabrales (Primer Aguacero) el primer aroma que envuelve el entorno es una gran ternura y concreción, donde se aprecia ese fuerte calor nacional que siempre acompañó al poeta en su vida cotidiana y literaria, que busca frenético en sus prosas y sus versos un tono más cercano al habla cotidiana y al paisaje nicaragüense, a ese nicaragüense sol de encendidos oros que su maestro, el gran Rubén, cantara tiempo atrás. Y no sólo es notorio que su poesía «siempre dulce y su prosa, ácida [...] discurre constantemente, sobre campos que su maestro Rubén Darío apenas vislumbró, y que sólo él logró desbrozar para que otros sembraran y cosecharan»[1].

[...] Alegre estaba el campo /de azul y de blanco.

Sacude a primera vista su impresionante amor por la patria donde con maestría vanguardista quiere plasmar la alegría y sueña pintarla con palabras... poesía que más que ser leída es ofrecida para ser saboreada, tocada con las manos... inmortalizada con los heroicos matices del glorioso pendón bicolor. Transmite la dureza del sacrificio, de la renuncia a la internacionalidad para empaparse de lo nacional, de lo cotidiano «como atributo a una posesión más íntima y a un quehacer cotidiano más puro e inmediato»[2], hasta fundirse en la cotidianidad de la noche mientras el cálido viento de la semana mayor celebra con júbilo la llegada de las primeras lluvias de mayo.

[...] con su camisa blanca de todos los domingos
y el pantalón azul de la Semana Santa.

Cabrales homenajea la lluvia[3], cual profana deidad a la que se elevan las plegarias campesinas para que irradie sus gotas de fertilidad que harán florecer la vida del vientre de la tierra. Esa tierra de un tiempo donde los ojos grandes y negros de una niña campesina sueñan con la ternura de un mozo y al escuchar las serenatas de los grillos brillan ruborizados, incrustados en su tez morena con el pasar del lucero del alba y el inicio de las primeras faenas del nuevo día...

La lluvia es un concierto, es un allegro, un crescendo de notas y tonalidades que en los techos de paja, de zinc, en los charcos, con su sinfonía promete que el caudaloso rumor de la quebrada va a traer paz y vida este año también. Es a la lluvia como diosa de la fertilidad que canturrea Cabrales ofrendándole este villancico lleno de ternura y de amor por esa primera agüita de mayo que empapa la tierra y hará crecer y fructificar la cosecha.

Canta a la lluvia dejando a un lado el lirismo y la ideología que con Charles Maurras lo incitó al fascismo en esas oscuras páginas de la historia europea y universal que habrían de cobrar más de cincuenta millones de vidas inocentes durante el segundo conflicto mundial. El canto, en cambio, es un himno a la gloria, las notas, el tic-tac incesante, rítmico de la lluvia será dentro de poco mango, almendra o mandarina: lluvia que inicia una época, un repetirse de labores campesinas que desde la siembra (a lo largo del abono, de la cosecha, del corte, de la pepena, la repela, etc.) irán cantando melódicas notas hasta que la fertilidad de la tierra se convierta en vida, en vida nueva y el compasado ritmo de la lluvia se mezcle con la risa de los niños que juguetean y corretean en el fango como representando “La Danse” de Matisse... baile a la vida como en una composición poética más madura, más dulce y jugosa, más íntima que plasma un cotidiano acontecer... auténtico, puro e inmediato. Así es, porque en esta poesía amorosa de Nicaragua se percibe que en los huertos amicales de Cabrales florece y fructifica la vida, jamás el egoísmo. ¡La palabra injusticia jamás fructificó!

Lírica y política: Se aprecia también en esta obra poética una severa crítica hacia la falsa moral y sobre todo a la militancia religiosa amañada, hipócrita. Julio Valle Castillo (novelista y crítico literario) en su prólogo a Ópera parva, elogiaba la «potencia lírica que, segura de su capacidad, se impone deliberadamente restricciones». Representa a Cabrales como «un poeta sentado en el trono de su primera persona [...] que divide y une el amor y la muerte, como la mayoría de poetas que en el mundo han sido. Y es esa fuerza lírica la que le otorga vigencia, modernidad, actualidad a su poesía tradicional y conservadora, la que lo hace trascender sus limitaciones y aberraciones ideológicas y asimismo le dispensa y neutraliza sus excesos y deficiencias [...]»[4]. Es exactamente esa la fuerza lírica que se aprecia en Primer Aguacero. Potencia lírica que justifica la trasnochada atmósfera romántica de la poesía, casi como si la lluvia tanto esperada nos sorprendiera con un cántico nuevo, con una nueva modalidad de florecimiento. Como si el milagro de la vida tras la siembra fuera un evento inesperado para vestirse de blanco y celebrarlo en cualquier ermita dominical montaña adentro, adobados a fiesta, olvidando por un instante que la mayor parte de esa naciente vida se perderá en las inhumanas ambiciones de los terratenientes como «la más cruenta mercancía para los mercados imperialistas: arruinando al campo y al campesino juntos»[5].

[...] Silbando se fue a la ciudad
con su nuevo sombrero de pita;
trascendía a hierba, a fruta y a humedad

Llueve también la denuncia, aleaciones estéticas y contradicciones políticas. El poeta denuncia la vida y también la situación que experimentan “los que viven”. La lluvia deja de ser un fenómeno meteoro-lógico para convertirse en un ente vivo que observa, planifica y decide dónde y cuando inundar con su caudal de amor y vida. El campo se viste de blanco. La Semana Santa, vestida con su pantalón azul, observa los últimos días del árido abril y mayo agasaja los primeros aromas de la estación de las lluvias “poniendo una venta” de olores donde es la misma lluvia que va a realizar su abastecimiento. Casi como querer reprochar el mercantilismo que se ocasiona de una lluvia que quiso llegar de madrugada para ofrecerse gratis en el proyecto de la vida mientras la mano invisible de la oligarquía teje la tela en la cual se quedan atrapadas las esperanzas de los campesinos y el dios dinero afila su hoz para golpear también esta vez a los más sufridos.

Conclusión: Leyendo la poesía en sí, sin querer hablar de la atmósfera nocturna que marcadamente recuerda a José Asunción Silva o a Amado Nervo, la potencia lírica del autor y su férrea defensa del Sumo Poeta padre del Modernismo (Rubén Darío), Cabrales transmite infinita ternura y esperanza con su composición poética. El canto de la tierra que se empapa de la cotidiana vida representada por la lluvia. Es la supervivencia de los audaces, de los madrugadores que desayunan sol y lluvia para ofrecer sus diarias faenas en el proyecto de la arquitectura de la vida.

La poesía es cíclica, representa, pinta con palabras las escenas que tras miles y miles de años se han repetido en el corazón de la montaña, contaminándose ahora por el espíritu político de las vivencias del momento, ahora por la costumbre religiosa, ahora por la memoria histórica. Queda presente en la poesía de Cabrales la continuidad de la existencia, de la vida. La perpetuidad de la esperanza, del canto a la madre naturaleza, el retorno a lo ancestral y lo divino y la contaminación del dios pagano. Porque el ciclo de la cosecha, el ciclo de la vida, el ciclo de la lluvia lo envuelven todo.

Al cantarle a la lluvia, Cabrales canta a la continuidad: es la lluvia que lleva y trae las vivencias, es la lluvia el punto de unión, de fusión con los antepasados. Es la lluvia el punto de contacto con el futuro porque su canto puede traer vida o trae muerte... sin embargo, el poeta, consciente de esta gran contradicción canta a la vida arrastrada por la lluvia porque está en el ánimo del “campo” nicaragüense tener intactas la esperanza, la lucha, la fe en el futuro.


[1] G.R. Tablada, Cabrales. El último juglar, La Prensa Literaria / Sábado 1 de diciembre de 2001.
[2] G.R. Tablada, Ibidem.
[3] Fue el primer poeta que le cantó al primer aguacero nicaragüense [Nota del ensayista]
[4] L.E. Gutiérrez, Recordando al inolvidable Luis Cabrales, El Nuevo Diario, 8 de octubre de 2001.
[5] G.R. Tablada, Ibidem.