giovedì 6 marzo 2008

"Il pasto nell'ombra", ovvero la poesia come impegno politico e sociale

INTRODUZIONE GENERALE SULLA BELLEZZA E L’IMPORTANZA DELLA POESIA.


POESIA COME IMPEGNO POLITICO E SOCIALE


Antonio Castorina *


Il Pasto nell’ombra è una raccolta di poesie appassionata, un volume costruito attraverso la misurata selezione di diverse ispirazioni che nascono in un lasso temporale di oltre venti anni: dal 1987 ad oggi. È un percorso esistenziale, un viaggio nella memoria dell’autrice fatto di ricordi e di sensazioni vissute. Goethe diceva: “Chi desidera capire il poema / deve recarsi nella terra della poesia, / chi desidera capire il poeta / deve andare nella terra del poeta”. Ma la domanda inevitabile al leggere questa raccolta di poesie è: “qual è la terra di Vladimira Cavatore? Le sabbie del Sahara, o le nevi della Macedonia o le baraccopoli latinoamericane? Questo è probabilmente il segreto di questa raccolta; perché l’autrice ha la straordinaria capacità, ed evidentemente la necessità, di appropriarsi della terra, di ogni terra che ha conosciuto e, perché no, di terre ancora da conoscere. Sente la necessità, e la fa vivere ai suoi lettori, di entrare nelle cose e nelle persone che incontra, per gettare lo sguardo sul mondo da un nuovo punto di vista. E così ogni terra diventa la sua terra, che percorre come un pellegrino randagio cercando di diventarne parte. Una terra da scoprire e lasciare, per poi ancora tornare; e c’è una spiga che immobile aspetta i ritorni della coccinella, dell’uccello migratore.


[…]

No, sei una spiga
ed io una coccinella,
ci vediamo solo
in una stagione ove
mi nascondo dentro
i tuoi listelli a tutto il mondo
interno che diventa rosso-arancione
tranne un buco per scappare.
Sì, scappo sempre, e da te…

[...]

(Spiga)


E c’è la nostalgia di ciò che si lascia, di quanto posseduto e fatalmente perduto. Nostalgia che va ad aggiungersi ad altra nostalgia, ma la necessità di andare è più forte, perché...


[…]

Non portarmi mai nella città invisibile...
23
dove scorrono fiumi di tutto,
dove vivono creature
che non vedono il sole...
è brutto quando la luce
di una lampada sembra
per qualcuno
la luce di una stella!

[…]

(Spiga)


Ed è così che La polvere del Sahara, la “mia Macedonia” di La neve macchiata, l’America Latina di Dos Mundos, la Croazia di Miljet si convertono in una unica stessa terra, nel cammino dello stesso viaggio. Il “pasto nell’ombra” è quello da consumare cercando di cogliere i sapori delle diverse esistenze, quelle vissute e quelle possibili. Perché in questa poesia si avverte la necessità di conoscenza, la necessità di entrare nelle anime per riuscire finalmente a capire la propria, la necessità di capire le esigenze di umanità diverse per potere comprendere le proprie.


È la necessità di un ritorno alla natura, all’essenziale, al verde incontaminato...


[…]

pace tra le leggende
vergini rii scoscesi,
nutrono terre divelte
mandarini acidi sublimati...
sapori di terre riscoperte
e vestigia di affanni
miriadi di campesinos
in raccolta del caffè...

[…]

(Immaginario)

È la meraviglia delle cose semplici, di esistenze leggendarie di uomini naturali. Il viaggio di conoscenza continua attraverso un altro elemento naturale, forse ancor più leggendario: il mare di Vrakati

Poseidone, padre di questo
mare, assorbimi, che io pensi siamo
veramente parte del tuo regno...
La sabbia è la tua regina
i pesci i tuoi figli, le pietre
le tue gioie.

Dov’è il tempo di Atlantide
che più non trovo?
Forse l’isola ritorna ad illudere
questa terra, o scomparirà
nuovamente nei tuoi abissi?

Fai ascendere montagne, crateri,
magneti e tutto ciò che è scomparso
perché possa dargli un nome
e sapere dove siano nascosti!
Così per il colosso di Rodi,
per le antiche vestigia,
per galeoni e navi da guerra...
che così stanco possa addentrarsi
e placare la sete di conoscenza.

Bramarono all’incontro con Icaro, Ulisse
e tutti i viaggiatori, che hanno sorvolato
e solcato i tuoi oceani, e la loro vista
ha dato noi la sapienza.

Ma tutto tace nelle tue profondità
e lascia vivere in pace chi ancora erra.
Il silenzio e la natura, fino a riprodurre
da se stessa la propria luce...
... a ricrearne la prima nascita.

(Vrakati)


Il mare con la sua potenza simbolica diventa luogo di libertà e conoscenza nel suo aspetto di profondità, il suo lato sommerso; diventa idea di scoperta, di avventura nella sua dimensione di superficie, e addirittura assume una dimensione materna, di grembo materno da cui rinascere carichi di nuova saggezza.

La necessità di pervadere le cose, di appropriarsi delle realtà si trova ancora in Aria, una poesia con un forte sapore di Odas elementales di Neruda. Ma qui non vi è l’apologia dell’elemento, bensì l’elogio alla sua capacità di essere in tutte le cose, di scrutare ogni angolo dell’esistente, la sua capacità di viziarsi della realtà con cui entra in contatto.

[…]

Svestita in un nudo tango,
alterna fervori e passioni
di passi ritmati erosi,
supplente in erba.

Spira da lascive e
ancestrali trame
nel ventre futuribile di
ridotta presenza.

[…]

(Aria)

Ancora si percepisce forte la necessità di Vladimira di penetrare e possedere tutto ciò che la circonda. Aria è la sete di conoscenza che tutto pervade e da tutto si lascia contaminare, un altro passo nel suo viaggio di conoscenza.

Un viaggio di ricerca che nella natura, nell’osservazione innamorata e libera da ogni pregiudizio della natura, fonda le sue ragioni e la sua forza. Sento, questa bellissima poesia spiega tutto ciò:

... le parole che viaggiano,
i profili dei continenti che sfuggono,
lo sciogliersi dei ghiacciai
che ricoprono civiltà post-moderne;
il fruscio amareggiato
dei popoli gridanti.

Immersa nelle acque
la nostra causa, opera di belle gesta
e buoni principi, profonda nel divenire
e sorella di altre.

Prigionieri in posizioni equidistanti
ed afflitti nel navigare in oceani
incommensurabili... sento
il suono lontano che tuona più forte,
svestendo le piogge,
allontanare la miseria...

... il canto delle urracas
avvicinarsi ed il gemito
di animali indifesi...
aprirsi le porte
e sconfiggere i mali.

(Sento)


È la natura che con forza impone le sue regole ad una civiltà che sempre dimentica l’altra metà, ma anche buona parte di se stessa. Una civiltà che ha perduto il contatto con la natura, e pertanto con la sua essenza, e si suicida in vane ricerche di beni e soddisfazione di necessità inesistenti, ossessionata dalla conquista del nulla. È la richiesta di un rinnovato legame tra i popoli e di un nuovo avvicinamento alla natura.

C’è molto amore in questa raccolta. Amore che si libera nelle sue diverse forme: amore per la conoscenza, per la terra, per la natura. C’è l’amore quello con la ‘a’ maiuscola: sensuale e lascivo di Fusione in cui si percepisce tutta la potenza dell’uomo naturale di creare e procreare; e c’e l’amore per una fanciulla, la figlioccia di Vladimira, come si legge nell’epigrafe di Francis. Una poesia delicata, dedicata al presente di questa bimba immensa nell’immenso. È la capacità dell’anima gentile di far rivivere attraverso i suoi occhi una bellezza mitologica. Lo sguardo vergine che insegna a guardare le cose con rinnovato stupore. È una sorta di madeleine proustiana che invece di evocare attraverso una sensazione un passato, quel paradiso perduto di entusiasmo, chiede di entrare in lei e rivivere con rinnovato amore le grandi emozioni della scoperta.

Verde in età e bellezza,
piccola principessa
di un regno presente.

Fragile perla
di sorrisi e cigno
di un altro emisfero.

Ballerina di fluttuanti
spore in cerca
di fiori d’arancio imperiale.

Corre e grida in sussulto
di un gioco prezioso,
carico di speranza.

Nella terra di avi
Maya galattici
di tanta saggezza.

Grazia di altura e
rinfrescante onda degli oceani
Atlantico e Pacifico...

... ti rendo omaggio.

(Francis)




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