mercoledì 15 ottobre 2008

SLANCIO ASIMMETRICO


SLANCIO ASIMMETRICO
(di Francesca Micacchi)


Tra desiderio e realtà, nella silloge poetica di Francesca Micacchi, Slancio Asimmetrico, vi è un’infinita sfumatura di sensazioni, di vividi colori, di pennellate artistiche che (ora con chiarezza, ora con soavità, ora con desiderio di toccare con mano il dolore, ovvero l’amore) dipingono i quotidiani sentori dell’umano amare. Non più l’amore elevato alla sua infinitesima potenza, ma le tonalità rivestite dell’amor di donna: totale donarsi, paure, desideri, rabbia, nostalgia, silenzi e, di nuovo ancora tornare a credere… desiderio.
Desiderio non come sinonimo di voglia, ma di volontà innanzitutto di tornare a credere perché proprio nell’amore (nella sofferenza procurata dall’amore) la poetessa riesce a dipingere l’esistenza, a confrontarsi nel contornare stati d’animo, delusioni. E torna a credere ancora una volta nella bontà del provare amore. Non si fa trascinare dall’incertezza proprio perché consapevole che il cammino la trainerà verso il piacere.
Molto marcato in questo componimento poetico il passare indolente e inesorabile del tempo, le rimembranze di primitivi affetti, la malinconia o verde nostalgia, la concettualizzazione della felicità in un desiderato abbraccio. Ma anche il coraggio nel restare saldi, ed infine la rabbia, ma è solo l’inizio. La svogliatezza. E riparte il ciclo. Perché solo chi ama sa reggere con stoicismo e dignità il dolore! Solo chi ama dimentica. Solo chi dimentica torna a credere, torna ad amare. Ma nel dimenticare si va perdendo attimi di ragionevolezza ed è proprio forse per questo che nell’illusione di un rivenuto amore ci si dimentica del male provato… bello ed eterno, come la città omaggiata... appunto, come l’amore. Ho inteso il dolore?
Slancio asimmetrico… il pregio non sta nel tornare a credere ma nell’energia rinnovata con la quale impetuosamente, quasi con accanimento, ci si protende alla vita e, di nuovo, alla speranza. Ma l’asimmetria non è altro che parafrasi dell’equilibrio: punto di osservazione dal quale (scrostandosi dalle spalle l’esperienza vissuta) l’amore/dolore offrono una piena corrispondenza di forma. Due facce della stessa medaglia. Elementi indispensabili, perché l’assenza del primo è mancanza anche del secondo. Impervio confine di sopraffazione, e nell’amore e nel dolore, l’infinito sconosciuto e l’anima che si intossica di desiderio… e nel distacco dell’amore l’affinità del dolore e viceversa.
Due estremi dello stesso intendere, all’interno, sinfonico miscuglio di armonia amalgamato dallo stesso volere. Coscienza dell’andamento dell’amore infinitesimale e sempiterno, e del prezzo da pagare: il dolore.
Virus endemico o prezioso dolore? Compenetrazione di contrari, affastellare di diversità. Vitalità scaturita dall’incertezza, dove arcana è l’emozione che non si lascia ghermire e sparisce tra il fogliame, scetticismo della redenzione… L’artista poliedrica Micacchi ha così dipinto l’amore nella consapevolezza dell’unicità con il dolore. Dalla sua riflessione seduta innanzi al calamaio della vita, allontana lo sguardo al di là della finestra dove il vento d’autunno trascina una foglia secca quasi a rappresentare ora l’amore, ora il dolore… e mentre spennella su un foglio e su tele versi che parlano di queste riflessioni allunga la mano quasi a voler con questo gesto melanconico intuire la vita…
… e nell’intuire la vita, ha concepito l’automatismo intermittente quasi a soddisfacimento di un bisogno ricorrente, primario, che puntualmente giunge alla fine dolente e insostenibile… ed è esattamente questa la ragione per la quale solo chi non ha mai provato il dolore misconosce l’amore.
Víctor Ramón González García

1 commento:

Anonimo ha detto...

Grande, France'...

... l'augurio è che tu non ti stanchi mai di guardare il cielo!

Un abbraccio,